Regione, Libri

"Architetture in Terra del Friuli"

di Giorgio Ganis

Topolò (particolare)
©Fiappo
Anche in Friuli si costruiva e si costruisce in terra cruda, fin dalla preistoria. Questo emerge nel libro ”Architetture in Terra del Friuli - Tipologie tecnologie materiali: 20 anni di ricerche”, che verrà presentato giovedì 28 aprile alle 17.00 nel salone della provincia di Udine. Il volume, edito da Mimesis di Milano, è stato realizzato grazie al finanziamento del Presidente della provincia di Udine e raccoglie vent’anni di studi e di ricerche sugli edifici costruiti con la terra cruda, nelle provincie di Udine e Pordenone, dalla pianura alle montagne. Lo spirito del volume è stato colto perfettamente da Pietro Fontanini nella sua presentazione in lingua friulana e qui traslata in italiano: “Anche in Friuli, terra di grandi costruttori che hanno esportato la propria arte nel mondo distinguendosi per competenza e risultati, è stata sperimentata la tecnica costruttiva della terra cruda cui questo volume dedica un ampio reportage. Uno studio che la Provincia di Udine ha deciso di sostenere con convinzione perché fa luce su un aspetto della storia dell’edilizia friulana forse ancora poco conosciuto dall’opinione pubblica. Le immagini raccolte nei video case-history e la pubblicazione allegata rivelano, infatti, con dovizia di particolari le esperienze che anche il Friuli annovera in questo settore. E, inaspettatamente, malgrado le distruzioni causate dal terremoto del 1976, ve ne sono ancora diverse, originali e correlate al contesto per quanto riguarda forme e composizione, come raccontano gli addetti ai lavori. Una bella scoperta per una comunità che vanta un’importante tradizione nell’edilizia abitativa e che da sempre riserva alla casa risorse, energie e tanti sacrifici. Una peculiarità delle costruzioni in terra cruda è che sono assolutamente “local” in quanto la materia prima proviene dalle immediate vicinanze della casa. Un’abitazione di questa fattezza è, dunque, assoluta espressione del territorio circostante, lo rappresenta nel profondo, nei contenuti oltre che nell’architettura.”Il libro, che è stato curato da Giorgio Ganis (architetto) e da Giovanni Carlo Fiappo (Ispettore Onorario della Sovrintendenza Archeologica), è diviso in due parti: nella prima ci sono i contributi di alcuni esperti (architetti, ingegneri e archeologi) che descrivono le tecniche, le problematiche e il futuro di questo modo di costruire che non è tipico solo dei paesi sottosviluppati ma è diffuso in tutto il mondo e nella seconda parte documenta con schede gli edifici in terra cruda di 46 località del Friuli.  Parte integrante del volume è il dvd allegato di oltre un’ora con le interviste, negli idiomi locali, ai protagonisti delle cinque principali località descritte nel volume: Tiezzo, Lumignacco, Savorgnano del Torre, Topolò e val Resia. Con la ”terra cruda” si costruisce in maniera semplicissima: terra + acqua (ossia fango) e sole per essiccare e indurire l’impasto, senza portare a cuocere nelle fornaci. Si lavora con le mani o con semplici attrezzi di uso comune e non c’è alcun bisogno di personale specializzato. Il materiale è sempre estratto nelle immediate vicinanze del suo utilizzo e dunque non sono necessari trasporti costosi e inquinanti. La terra è inoltre totalmente riciclabile e isola perfettamente dal caldo, dal freddo e dai pericolosi campi elettromagnetici.   È un materiale molto “sostenibile”, fatto molto importante visti gli attuali gravi problemi di inquinamento. La terra si utilizza realizzando pareti con i mattoni  crudi (chiamati “adobe”) come quelli normali oppure realizzando direttamente i muri con le mani o gettandola dentro casseforme, come per il cemento (secondo le tecniche definite “pisé” e “ bauge”) o infine ricoprendo rami  o tavole grezze per fare pareti non portanti (“torchis”). Queste tecniche sono sempre state utilizzate fin dai tempi preistorici, molti secoli prima di Cristo, e si continuano ancora a utilizzare.  Per l’opinione pubblica e alcuni studiosi sono modi di costruire antiquati, tipici  dei paesi sottosviluppati, o da utilizzare per alloggi temporanei invece sono diffusi in tutto il mondo e in tutta la penisola italiana, sia nelle aree di pianura che in quelle di montagna per realizzare anche alloggi collettivi e strutture pubbliche. Anche alcuni palazzi di Udine e Cividale sono stati realizzati in “adobe” o “torchis”. Un tempo la terra cruda era una necessità, l’unica realtà, l’unico modo di costruire, sia dei ricchi e sia dei poveri. Costruiti correttamente questi edifici  resistono nel tempo come testimoniano quelli di Tiezzo (nella pianura a sud di di Pordenone) realizzati tra il 1600 e il 1700, di Lumignacco (nella periferia sud di Udine) che risalgono ai primi anni del 1800 e altri realizzati prima del 1800 nella pianura friulana a  Percoto,  Cervignano e San Vito al Torre. Nel volume sono documentati anche edifici realizzati nel codroipese e tutti con la tecnica dei mattoni crudi: a Codroipo in via Ciconi (nel centro del paese) e ai casali “Cattocis”, e a Sedegliano. Nell articolo di Federica Zendron e G. C. Fiappo, che descrive l’aspetto archeologico, sono citate le località di S. Odorico (Flaibano), Coderno (Sedegliano), Las Rives (Galleriano di Lestizza), Variano (Basiliano), Centes (Gradiscutta di Varmo), Gradiscje (Codroipo). Scopriamo così che la terra non era utilizzata nella preistoria solo per costruire le abitazioni ma anche per spalmare le pareti delle fosse in cui riponevano i cerali (fosse-silos) per garantire una miglior conservazione delle sementi.

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Ultimo aggiornamento: 17/09/2025 12:51