Siete abituati a riconoscerlo solo nei panni dell’ispettore Giuseppe Fazio de “Il Commissario Montalbano”? Rimarrete, allora, sorpresi da Riccardo, il nuovo ruolo dell’attore Peppino Mazzotta in “A Classic Horror Story”. È questo il titolo del film italiano, sbarcato il 14 luglio scorso sul catalogo Netflix e vincitore del Cariddi d’Argento per la miglior regia (di Roberto De Feo e Paolo Strippoli) al 67esimo Taormina Film Fest, che sta riscuotendo numerosi successi in Italia e all’estero. Gli ingredienti giusti, infatti, ci sono tutti, ma no, non è una classica storia horror. Ne abbiamo parlato con Peppino Mazzotta.
Qual è la trama di “A Classic Horror Story”?
La prima parte del film è riassunta nel titolo. Un gruppo di cinque persone condivide un viaggio in camper ma, dopo un incidente, si ritrova in un luogo sconosciuto e spaventoso, nel quale dovrà affrontare una serie di situazioni difficili. Inizialmente ricalca, quindi, suggestioni e modelli di un horror classico, per poi destrutturarli e rimetterli in discussione nella seconda parte.
Cosa l’ha convinta ad accettare questo ruolo?
Avevo già potuto apprezzare “The Nest – Il nido”, film del regista Roberto De Feo, a cui si è aggiunto anche Paolo Strippoli. La sceneggiatura, poi, mi è sembrata da subito interessante: si tratta, infatti, di un horror d’autore, personale e originale. Mi piaceva l’idea di partecipare a questo progetto.
I risultati non si sono fatti attendere.
No, Roberto De Feo e Paolo Strippoli sono stati premiati per la miglior regia al Taormina Film Fest. Non si tratta di qualcosa di banale, perché non accade spesso che un film di genere riceva questo tipo di riconoscimenti. Si è, quindi, creato un precedente storico importante che spero abbia un seguito: sarebbe bello se, durante altri festival, fossero proiettati anche film di genere e non solo d’arte.
Come si è preparato per interpretare Riccardo, il suo personaggio?
Questi film, così come accade per thriller e action, prevedono molte scene impegnative e faticose; per questo motivo, è necessario prepararsi fisicamente, evitando di crollare per problemi muscolari o semplice stanchezza. Per quanto riguarda il personaggio è, in fondo, abbastanza vicino a me. Ho cercato, però, di entrare nelle situazioni molto drastiche che il film richiedeva e che, per mia fortuna, non ho mai sperimentato.
Qual è il suo rapporto con il genere horror?
I film horror mi piacciono molto, soprattutto quando sono anche pellicole d’autore. La narrazione, in questi casi, impone al regista e agli attori di trovare delle soluzioni creative per raccontare storie estreme. In molti film, le invenzioni di impostazione e messa in scena valgono tanto quanto quelle che vediamo nelle pellicole non considerate di genere.
Perché guardare un film horror?
Gli autori li hanno sempre utilizzati come metafora, spesso estremizzata, di situazioni sociali reali in cui può trovarsi un individuo. Nel caso specifico, il film ha il grande pregio di rimanere un horror puro che, nonostante il suo carattere cruento, sa anche prendersi in giro. D’altra parte, ci porta a riflettere sulle modalità di comunicazione, cinica e sganciata dai contenuti, cui siamo indotti da questo momento storico. Filmiamo tutto, inviamo fotografie senza considerarne, però, le conseguenze.
Lei utilizza, infatti, i social con moderazione.
Sì, li subisco un po’. Non è una posizione ideologica, ma il mio carattere: sono riservato e faccio fatica a condividere la mia vita privata. Si rivelano, però, uno strumento molto utile per raccontare il mio lavoro e i nuovi progetti.
A questo proposito, ci sono novità per quanto riguarda gli episodi de “Il Commissario Montalbano”?
Le ultime notizie certe sono quelle di uno stop alle riprese, che potrebbe essere definitivo. Spesso escono articoli in cui ci vengono attribuite dichiarazioni sui prossimi episodi; non sono, però, reali perché nessuno di noi sa ancora cosa possa accadere.
Gli ultimi personaggi, di film e serie che ha interpretato (fra gli altri “Anime Nere”, “Solo” e “Bastardi a mano armata”), sono quanto più diversi si possa immaginare dall’ispettore Fazio, molto amato dal pubblico televisivo.
È una bellissima occasione per un attore poter spaziare fra ruoli molto differenti. D’altro canto, anche in teatro ho portato in scena personaggi molto forti e caratterizzati. Quando è arrivato Fazio, invece, ho cercato delle modalità che lo rappresentassero, creando una nuova gamma espressiva più lontana da me rispetto agli altri ruoli. È, però, gratificante che il pubblico non abbia respinto questi cambiamenti.
Se le riprese de “Il Commissario Montalbano” dovessero interrompersi, di cosa avrebbe più nostalgia?
Durante questi anni, luoghi meravigliosi ci hanno ospitati, fra primavera ed estate; erano momenti felici, in cui sapevamo di poterci ritrovare. Fuori dal set è più difficile incontrarsi, nonostante la grande amicizia che lega tutto il cast. Le perdite più importanti sono, però, insostituibili: Camilleri, Sironi e Ricceri erano le tre anime dei film.