Camino al Tagliamento

Pillole di fede dal nostro territorio 

di Ilaria Mattiussi

Quando attraversiamo un periodo difficile, capita, a volte, di chiederci perché sia successo proprio a noi. Sarà stata una punizione per i nostri comportamenti o una questione di fortuna o sfortuna? La malattia non è una colpa, non è un castigo per la nostra vita o per le nostre scelte, non è qualcosa che meritiamo. Semplicemente è. Il Covid-19 ha colpito spesso persone inermi, le cui esistenze, simili alle nostre, non si erano macchiate di peccati terribili. Dove, dunque, trovare un senso al dolore? Ne abbiamo parlato con Don Maurizio Zenarola, parroco di Camino al Tagliamento e Bugnins.

Quali sono i suoi sentimenti rispetto a ciò che sta accadendo?
Si tratta della prima volta in cui ho molto tempo. È un periodo in cui il telefono squilla poco e posso permettermi di leggere qualche romanzo. Come uomo di Chiesa, invece, sento la mancanza dell'incontro, del contatto con le persone e di tutto ciò che è il mio essere parroco per gli altri, nonostante abbia più tempo per pregare.
Come sta riorganizzando la sua attività?
Ogni giorno, con il sacrestano e il diacono, celebriamo la messa in una delle chiese del territorio, così come accadrebbe in un periodo normale. Due domeniche prima di Pasqua abbiamo, inoltre, inaugurato la trasmissione delle funzioni attraverso i social e YouTube.
In questo periodo non sono permesse cerimonie religiose, come matrimoni e battesimi. Pensa che, terminata l'emergenza, caleranno?
I due battesimi, originariamente programmati in questi giorni, sono stati rimandati in seguito. Il problema sta nel fatto che questo periodo mette in luce tutto ciò che non si può fare: manca l'aspetto dell'incontro con l'altro. Quando si saluta una persona, si usa un'espressione come "ti abbraccio": in questi giorni ci accorgiamo di quanta differenza ci sia fra parlarne, per esempio al telefono, e compiere l'azione. Non possiamo ancora sapere se ci sarà un numero maggiore o minore di battesimi o matrimoni. L'unica certezza è che sarà necessario rispondere al bisogno dell'incontro, riscoprendone la gioia.
Quali sentimenti le suscita salutare i defunti senza poter celebrare i funerali?
Mi è accaduto due volte. Non poter ricordare il cammino percorso insieme, è una stretta al cuore. È un momento freddo in cimitero, dove le persone devono mantenere le distanze e non possono nemmeno darsi la mano o chiacchierare per confortarsi.
In questo periodo ci sono alcune persone che si affidano alla fortuna, alla sorte.
Non si può dare la colpa a qualcuno. È da poco trascorso il tempo di Pasqua e abbiamo ricordato come Dio sia morto per salvarci e non per farci pagare un peccato. Spero che nessuno possa pensare alla malattia come un castigo, soprattutto quando colpisce persone che già sono anziane e soffrono.
Ritiene che questa prova ci insegnerà qualcosa?
Questo periodo ci farà riscoprire le piccole cose, come la bellezza di stare insieme e donarci del tempo. Ognuno di noi può dare una mano all'altro ed essere importante per lui, anche solo attraverso l'ascolto. Un piccolo servizio al prossimo non fa mai male. La solitudine ci rende più poveri: l'incontro, anche se dobbiamo sopportare nell'altro ciò che non ci piace, ci permette di unire le nostre idee, per costruirne di nuove e meravigliose. 

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Ultimo aggiornamento: 28/03/2024 01:48