Regione, Arte e spettacoli

Vittorio Nocenzi: fra Friuli, racconti e sogni

di Ilaria Mattiussi

©Vincenzo Nicolello
Come può un artista mantenere saldo e autentico il rapporto con il suo pubblico, nonostante il percorso della vita non sia sempre semplice? Ne abbiamo parlato con Vittorio Nocenzi, fondatore del Banco Del Mutuo Soccorso, che il 14 agosto prossimo, alle ore 21.30 presso l’Area Concerti Festival, coinvolgerà Majano in un concerto che il pubblico ricorderà a lungo (maggiori info www.azalea.it).

Qual è il suo rapporto con il Friuli?
È una terra che amo molto e tornarvi mi porta sempre un’emozione particolare. Il Friuli ha le Alpi, nostra cinta muraria verso il resto del mondo, e poi colline, pianura, laghi e fiumi. È una terra di confine, non particolarmente estesa, ma ricca di offerte diverse e, proprio perché lontana, ancora più affascinante. Ho, poi, scoperto come il Friuli e il Lazio siano uniti da una tradizione comune. Sono nato a Marino, sui Colli Albani nell’area dei Castelli Romani. Qui abbiamo l’abitudine di mettere delle frasche fuori dalle cantine, quando è pronto il vino della nuova vendemmia. Ho scoperto come questa usanza sia anche friulana, stupendomi del fatto che terre molto lontane possano avere tradizioni così particolari in comune. Il mio rapporto con il Friuli, d’altra parte, riguarda anche le persone. Il parroco che mi ha sposato era di origine friulana. Il nostro profondo rapporto non è stato solo umano, ma anche artistico: è stato lui, infatti, ad avvicinarmi allo studio della musica gregoriana e ad insegnarmi come suonare l’organo della chiesa con la pedaliera. In Friuli, infine, ho svolto alcuni stage sulla musica, come chiave d’accesso all’immaginario collettivo giovanile, coinvolgendo docenti e ragazzi delle scuole superiori.
Come costruite la scaletta dei vostri concerti?
Cerchiamo di rappresentare il più possibile ogni fase, ma è sempre necessario operare delle scelte. Il Banco Del Mutuo Soccorso è una delle poche band di rock progressive ad aver avuto grande popolarità anche durante gli anni 80, con brani come “Moby Dick” o “Paolo Pa”. Fu, per noi, una grossa sfida passare da mini suite di 19 minuti, composte ricordando i grandi modelli sinfonici dell’Ottocento, ad una struttura più veloce come la pop song. Nel caso di questo concerto abbiamo, però, preferito privilegiare la produzione degli anni ’70, completamente differente rispetto alle sonorità attuali. Amo la diversità come opportunità di incontro, scoperta e meraviglia: è il sale della vita.
Ritiene che il distanziamento modificherà il vostro rapporto con il pubblico?
Cerchiamo sempre di dare valore a passione, emotività e tutto ciò che faccia venire i brividi. Il concerto è creato da chi suona e chi lo ascolta, emozionandosi e lasciandosi coinvolgere. È proprio questo che ci permette di scavalcare la distanza e riavvicinarci nonostante tutto. Ci mancherà, però, un’abitudine dell’ultimo tour. Invitavamo, quasi tutte le sere, una ventina di persone ad accomodarsi sul palco fra noi. Era un momento inusuale, che sottolineava come noi del Banco Del Mutuo Soccorso reputassimo insostituibile la funzione del pubblico. La musica nasce, infatti, per essere scritta ed offerta all’ascolto: senza quest’ultimo rimarrebbe un pezzo di carta, in bianco e nero. Il pubblico diventa, quindi, suo coautore, la reinterpreta e la fa propria. Condividere il palco con persone estranee al nostro gruppo era divertente e stimolante: creava complicità e ci aiutava ad inventare un concerto diverso ogni sera.
Quali sono stati i motivi che l’hanno spinta a ricostruire il Banco Del Mutuo Soccorso, dopo gli anni dolorosi 2014/15, segnati dalla scomparsa di Francesco Di Giacomo e Rodolfo Maltese?
Mi sono accorto, in quel periodo così difficile, per quante persone fosse importante che la storia di questa band non si interrompesse bruscamente. Un artista non deve mai dimenticare quanto sia determinante per la propria attività e creatività il pubblico: se siamo qualcosa per gli altri, si tratta di un privilegio enorme e va ricambiato. Ho sentito il dovere morale di rispondere all’affetto e alle richieste toccanti di chi ci segue. Le nostre parole hanno, a volte, spinto le persone a fare scelte di vita e di valori. Hanno, quindi, contribuito a determinare percorsi dell’anima, sogni, idee e progetti. D’altro canto sono convinto che, se il Banco continuerà a suonare, chi non c’è più rimarrà nel cuore e nella testa del pubblico: Francesco e Rodolfo resteranno, così, fra noi. Smettere di fare concerti o dischi vorrebbe dire perderli una seconda volta. 

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Ultimo aggiornamento: 23/04/2024 10:19