Scuola

Educazione civica: il nuovo che non porta un cambiamento

di Elena Donada

La scorsa settimana i giornali titolavano “torna l’educazione civica”. Si è trattato in genere di trafiletti o poco più, nei quali quasi mai si spiegava che questa presunta riforma, decantata con grande entusiasmo da esponenti del Governo e ingenuamente descritta come epocale da alcuni organi di stampa, è a costo zero.
Si scopre, indagando, che prevede che le scuole, dall’infanzia alle superiori, a un mese dall’inizio delle lezioni e in periodo di ferie, individuino autonomamente e improvvisamente le modalità di attuazione. Non è dato sapere quando verranno comunicate le “linee guida”, promesse dal Ministero. Potremmo averle ad aprile, ad esempio.
Ancora una volta la scuola e un tema quanto mai nobile e importante come quello dell’educazione civica vengono trattati senza serietà, con la cialtroneria e la malafede che purtroppo caratterizzano questi tempi infausti. È necessario allora chiarire e ripetere con forza che quella appena “introdotta” dal Governo non è in realtà una novità, giacché percorsi autogestiti dalle scuole sull’educazione civica e sulla legalità vengono attuati da lungo tempo e sono oggetto di discussione durante il Colloquio d’esame.
La reale ed unica novità del disegno di legge appena approvato consiste nel fatto che la nuova “disciplina” dovrà dal prossimo anno scolastico avere riscontro in un voto in pagella, cosa che indubbiamente rende vincolante l’attività e che apparentemente la toglie dal limbo in cui è stata finora. 
Chi poi, però, la debba svolgere, come, quando, e soprattutto – non essendo previsto nessun compenso aggiuntivo – a scapito di che cosa, il legislatore non lo dice, né sembra interessato a chiederselo: a definirlo, così, su due piedi, nelle prossime settimane, saranno le singole scuole, ormai abituate e rassegnate a inventarsi qualcosa per adempiere alle sempre più generiche ma paradossalmente cogenti indicazioni ministeriali, in ossequio alla fantomatica “autonomia”, la parola truffa dietro la quale da alcuni decenni ormai il Ministero all’istruzione, università e ricerca può nascondersi per giustificare ogni sciatteria e mancanza di assunzione di responsabilità e impegno. 
Si tratterà di individuare per ogni classe un docente coordinatore delle iniziative attinenti a questo nuova “materia”, che continuerà di fatto ad essere l’insieme di attività disparate e frammentarie, svolte un po’ da un insegnante e un po’ dall’altro, a seconda del maggiore o minore grado di affinità della propria disciplina con i temi civici; tale docente coordinatore, sulla base delle indicazioni occasionalmente ricevute dai diversi colleghi, dovrà proporre il voto finale. Per ammantare di senso la vaghezza del nuovo “insegnamento”, il legislatore si avvale tuttavia di un aggettivo, “trasversale”. Un’altra di quelle parole tanto in voga nel “didattichese” oggi imperante, che dovrebbero evocare immediatamente un esaltante senso di modernità. 
La consueta abilità italiana di fare, nel mondo dell’istruzione, una miracolosa moltiplicazione dei pani e dei pesci, senza nessuna fatica né spesa da parte del Ministero è ormai prassi.
E tutto questo accade mentre le nostre Istituzioni mostrano come l’assenza di “educazione civica” negli anni passati abbia creato davvero una generazione di ignoranti che prendono a schiaffi la nostra amata Costituzione! Un perfetto esempio di ipocrisia per le giovani generazioni.

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Ultimo aggiornamento: 28/03/2024 01:48