06/11/2014
Libri
"Io l'acrobata", esordio poetico del codroipese Federico Burzo
Ancora ricordo quella mattina in seconda superiore. La professoressa di Lettere ci spiegava Saba e le figure retoriche, io guardavo fuori dalla finestra e osservavo i riflessi della pioggia sulle foglie degli alberi. Da fuori entrava un bel vento fresco, era arrivata la primavera e mi sentivo come rinnovato ad ogni respiro. Decisi di prendere un piccolo pezzo di carta e mi misi a scrivere i miei primi versi. La mia passione è iniziata così e non mi ha più lasciato. Ho iniziato ad amare la poesia cercando continuamente autori con cui confrontarmi e, ogni volta che ne leggevo uno nuovo, riuscivo a ritrovare qualcosa che mi legava a lui come fossimo sempre stati amici. Era come se quello che hanno vissuto loro, lo stessi vivendo io. Nella poesia c’è sempre qualcosa di universale che ci richiama ad un passato ancestrale comune a tutti noi, una sorta di substrato che ci permette di riconoscerci come figli del genere umano: Homo sum, humani nihil a me alienum puto.
Spesso mi sono state chieste le motivazioni dietro la scrittura di una poesia. Io credo che tutti coloro che scrivono sono portati a farlo per motivi diversi. Io ho iniziato perché la scrittura, ma in generale l’arte, è uno dei modi attraverso cui l’uomo ha la possibilità di rendere indelebile la sua presenza e il suo breve passaggio sulla terra: l’unico modo di rendere eterna una emozione e un pensiero, anche a distanza di anni. Quando riprendo in mano le mie poesie più vecchie, ogni verso mi riporta al preciso istante in cui venne composto: riesco così a rivivere quei momenti, nonostante la parola non riesca mai ad aderire completamente alla realtà delle cose.
In questo mio piccolo libro di poesia, appena ripulito con ruvida pomice, ho tratteggiato, per quanto ho potuto, il mio percorso di vita da quando ho iniziato a scrivere ad oggi. È un libro in cui ci sono io, il mio rapporto con l’Arte, con l’Amore, con la Fede e con la Società. Molte poesie sono state riscritte per l’occasione e molti testi, composti sia in passato sia recentemente, non sono stati presi in considerazione. L’obbiettivo era quello di creare un legame tra ogni sezione ed ogni componimento, seguendo la lezione dantesca nella Vita nova e di Petrarca nei Rerum Vulgarium Fragmenta. È così nata una storia in cui scopro me stesso e gli altri.
Il titolo "Io l’acrobata" è desunto dalla figura principale di questo romanzo fatto di poesie. Ma perché acrobata? l’acrobata rappresenta colui, ma anche tutto il genere umano, che vive in bilico su un sottile filo, simbolo della precarietà dell’esistenza. La prima sezione "Acrobazie" parla di questo atteggiamento acrobatico di vivere nei confronti della vita: sempre in bilico con il rischio di cadere, ma con la convinzione che dopo ogni caduta c’è un nuovo inizio, una nuova ripartenza. Ungaretti diceva «E subito riprende | Il viaggio | Come | Dopo il naufragio». In questa sezione la prospettiva di narrazione è completamente terrena, è la mia discesa all’inferno, la mia tappa obbligatoria per comprendermi. Ma già verso le ultime poesie lo sguardo si volge verso l’individuo altro da me, scoperto attraverso il potente sentimento dell’amore romantico e passionale. Inizia così la risalita dalle profondità, il ritorno ad Itaca.
L’Amore è il punto della storia in cui capisco che la propria identità personale è necessariamente percepibile solo dopo il confronto con l’altro. La prima volta che bussa l’amore coincide con la scoperta dell’irrazionale presente nell’uomo: «ora si sorride | ora si canta | e poi non ci penso | che sarà sarà». Compreso quel quid d’irrazionale presente nel genere umano e dopo le prime ritrosie nei confronti dell’abbraccio mortifero dell’amore «(no amore fiore cuore)», l’uomo non può che lasciarsi prendere da quel fuoco, da quell’impeto di passione che è l’amore. Il rischio è quello di confondere e mescolare se stessi nel riflesso dell’amata, ma nonostante questo, nell’ultima poesia riesco finalmente a dare una definizione di me: «io Federì | acrobata innamorato» che si riconosce libero di amare nelle catene dell’amore e nei suoi alti e bassi. «E quindi uscimmo a riveder le stelle», è finito l’inferno.
Le due sezioni successive "La mia Italia" e "Luna Park" rappresentano nel percorso di disvelamento dell’Io, l’approdo alla spiaggia ai piedi del monte del Purgatorio. Prima di continuare la mia personale scalata-scoperta, mi fermo per ricordare nostalgicamente avvenimenti passati, un po’ come Dante si fermò ad ascoltare Casella intonare «Amor che ne la mente mi ragiona» prima di riprendere il viaggio verso la redenzione. Gli avvenimenti del passato li riconosco come formativi, ognuno di questi ha contribuito a rendermi ciò che sono. Ma nonostante questo, sento ancora che manca qualcosa e mi chiedo: «Capisci chi sei?».
A questa domanda cerco di rispondere con le mie poesie d’impegno civile, comincia così la sezione "L’esempio". In questo preciso punto del libro inizio a maturare una nuova coscienza: scoprire il proprio Io non solo nel rapporto con un solo individuo (L’amore) ma nella collettività, nel rapporto con la società civile in cui fondamentale è l’esempio che devono dare i padri ai figli.
Nella penultima sezione "Quello che io so" arriviamo al Paradiso, con la scoperta di Dio. L’amore non può essere solamente per il singolo, ma deve necessariamente essere elevato a Principio e motore dell’intero universo: se noi siamo qui è per un atto d’amore che c’insegna «Amerai il tuo prossimo come te stesso» e «Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri».
Dedico questo libro a chi come me è alla ricerca della propria identità e non riesce e non vuole identificarsi, come vorrebbe l’attuale società degli iperconsumi, in un folle consumatore.
Federico Burzo
Il libro è acquistabile online su Amazon al prezzo di 8,24€ (Edito da lulu.com,90 pagine)
Vi proponiamo una poesia estratta su gentile concessione dell'autore
Lago di Cavazzo
Alla vita cerco
di aggrapparmi saldo
con due mani
mi sono chinato
su un macigno
una lucertola al sole
rischiarata dai raggi
e guardo le montagne
sento le acque sciogliersi
in scialacquii
sento le foglie tagliarsi
non sento parole tormentate