Lettere

Crisi di governo verso lo sblocco?

di VG

Lo sbocco della crisi di governo a due mesi e mezzo dal voto del 4 marzo con l’accordo tra i 5 Stelle e la Lega Nord, comportano alcune considerazioni. La legge elettorale con la quale si è votato è un misto di proporzionale e di maggioritario, annacquato all’italiana, pertanto dopo anni di biporalismo definito come imperfetto, si è ritornati ad un proporzionale che comporta un cambio di mentalità. Infatti, se non c’è un vincitore con i numeri autosufficienti in parlamento, appare come ineludibile la necessità di trovare un ragionevole compromesso tra forze antitetiche. Dopo le lunghe consultazioni e i vari mandati esplorativi per sondare le varie disponibilità, vista l’infruttuosità di tali sforzi, si è arrivati alla proposta del Presidente Mattarella di un governo di servizio che, nell’arco di pochi mesi, affronti le varie priorità e rifaccia o perlomeno corregga la legge elettorale, rivelatasi inidonea a fornire una chiara maggioranza, per poi tornare alle urne. Tale autorevole indicazione non ha trovato però convinte adesioni da parte dei vari gruppi parlamentari, mentre gli esponenti del movimento pentastellato di maggioranza relativa, Luigi Di Maio e della L.N. primo partito nell’ambito del centrodestra, Matteo Salvini,in otto giorni, prima hanno siglato un contratto di governo che è un atto di natura esclusivamente privatistica senza alcuna rilevanza pubblica, sottoposto ad una specie di sondaggio degli aderenti di entrambi i partiti. Poi hanno individuato nel prof. Giuseppe Conte, esterno al parlamento, docente di diritto privato nell’Università di Firenze e componente del Consiglio di Giustizia Amministrativa, il loro candidato unitario per la presidenza del Consiglio dei Ministri. Ad analizzare senza pregiudizi, la procedura appare a dir poco insolita e foriera di strappi procedurali. Fino a quando vige l’attuale Costituzione, l’art. 92 della stessa sancisce in modo estremamente sintetico e chiaro che spetta esclusivamente al Presidente della Repubblica nominare il Presidente del Consiglio e su proposta di questo, i ministri. Vi è dunque un combinato disposto tra l’esercizio delle prerogative del capo dello stato che individua la personalità maggiormente idonea a raccogliere la maggioranza delle due camere e il parlamento stesso che entro 10 giorni dalla formazione del governo con il relativo giuramento, deve esprimere la fiducia. Questo presuppone uno stretto raccordo tra il capo dello stato e quello dell’esecutivo, sia nella scelta dei nominativi dei vari ministeri, che nel programma, che nelle tempistiche procedurali. Non solo, ma il presidente del consiglio sulla base dell’art.95 della costituzione “ dirige la politica generale del governo e ne è il responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri.” Siamo dunque ben lontani da un ruolo di mero esecutore per conto dei contraenti politici. Nel caso del governo in questione, tutti questi aspetti vengono rispettati? Ma quello che desta maggiore preoccupazione sono alcuni dei punti programmatici delle oltre 57 pagine che compongono l’accordo. Per esempio al di là delle promesse elettorali, vi è una adeguata copertura finanziaria per permettersi il reddito di cittadinanza o per attuare la cosiddetta flax tax o per pagare le inevitabili penali nel caso l’Italia uscisse da opere strategiche come la TAV Torino - Lione? Le modifiche alla legge Fornero consentono di mantenere in sicurezza il delicato sistema pensionistico? Se poi si esaminano le proposte di annullare circa 250 miliardi di titoli del debito pubblico italiano detenuto dalla BCE, si alimenta confusione circa i limiti della capacità della banca centrale di alleviare le obbligazioni fiscali di uno stato come il nostro che diventerebbe inaffidabile con tutte le ripercussioni pericolose. Mi sono limitato solo ad alcuni esempi, ma l’elenco potrebbe continuare. C’è però da riconoscere che comunque l’esperimento politico in questa travagliata e complessa fase, resta l’unica strada percorribile perché non ci sono alternative realistiche. Inoltre, se si è arrivati a questo snodo così rischioso, la responsabilità ricade principalmente in tutti gli altri partiti di entrambi gli schieramenti, rivelatisi incapaci nell’autoriformarsi e nel capire una società così profondamente cambiata, non sempre in meglio. Questi sono però i tempi in cui tutti siamo chiamati ad operare. C’è solo da auspicare responsabilità, equilibrio, ma soprattutto buon senso. E da qui finalmente ripartire!

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Ultimo aggiornamento: 28/03/2024 01:48