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Lo “stile” di Leo Morandini, scultore e architetto

Arte e spettacoli

Lo “stile” di Leo Morandini, scultore e architetto

di Franco Gover

Scorcio della facciata del Santuario di Castelmonte
Leone Morandini, ma chiamato da tutti semplicemente “Leo”, cividalese (1889-1971), è stato un personaggio di tutto rispetto: rivalutato come artista poliedrico, eclettico, fantasioso, un uomo costruito da sè con lavoro ed immensi sacrifici.
Di famiglia modesta, dopo la quarta elementare, inizia da subito a lavorare come muratore e come garzone scalpellino a Torreano, trovando il tempo di frequentare anche i corsi serali della locale S.O.M.S. ove conseguirà il diploma di scultore; successivamente, come tanti altri operai, farà lo stagionale in Austria.
In seguito, con il fratello Pio, lavorerà a Padova, con esperienze anche a Venezia e Treviso, dove comincia anche con il modellato.
Conclusa la parentesi della prima guerra mondiale sul Carso, il Morandini rientrerà nella sua amatissima Cividale, ove, nel tempo, si esprimerà in un incessante attivismo. Nella molteplice veste di scultore, progettista, design e restauratore, avremo interventi determinanti, che rivelano la sua solida preparazione di artigiano, non disgiunta da un acquisito bagaglio culturale; in alcuni episodi, tuttavia, scivolerà in soluzioni estetiche agli occhi di oggi certamente discutibili. Nelle opere di architettura, in specie, dimostra una ponderata rilettura funzionale degli stili storici, con concretezza e disillusione. Predilige la praticità e funzionalità, lasciando all’essenziale della percezione estetica i decorativismi. Non si può dimenticare l’intercorsa collaborazione del Nostro con architetti ed artisti allora in auge in Friuli, come ad esempio Pietro Zanini, Max Piccini e il Donadon. Per meglio comprendere lo stile di Leo Morandini, basta elencare i campanili da lui progettati di Premariacco, Campeglio, Prepotto e Oblizza, intervenendo anche in quello di Buttrio. Morandini è stato chiamato a restaurare, modificare o ampliare anche diverse chiese friulane. Si segnala: la chiesa dei Cappuccini di Udine-Via Ronchi, Merso, Canal di Grivò, S. Giovanni d’Antro, Dolegnano, Medeuzza, Paluzza, Paularo, Villa Santina, S. Giovanni al Natisone ed ancora a Vernasso, Ugovizza, S. Maria La Longa, presso i Cappuccini di Gorizia, la cappella dell’Asilo di Palazzolo. La realizzazione più importante e complessa rimane l’imponente costruzione del Duomo nuovo di Nimis, che bene riflette gli stilemi architettonici del momento. Invece l’opera più famosa del Morandini è certamente la facciata del Santuario della Madonna di Castelmonte (nella foto), che quasi tutti i nostri lettori conoscono.
Ha progettato edifici importanti nella città ducale, quali: il Cinema Ristori e l’Imperiale, restaurato diverse case e palazzi per la borghesia locale (Rizzi, Pelizzo, Folicaldi, Cozzarolo, Carnielli, Craigher), la ristrutturazione del Caffè Longobardo, del S. Marco, il palazzetto Paciani. Sono numerose anche le tombe di famiglia da lui progettate nel locale cimitero. E’ stata redatta dal Morandini la prima sede del Museo Cristiano attiguo al Duomo-Insigne Collegiata. Le sculture, imbevute di simbolismo, rivelano una percezione del messaggio, del segno che lasciano allo spettatore uno stimolo appagante, pur nella rievocazione e ricomposizione di soggetti consueti. Ha eseguito i bassorilievi per la parrocchiale di Faedis, alcuni significativi Monumenti ai Caduti tra cui quello di Cividale e sul Monte Nero, a Padova e quello del Lido di Venezia. Sempre in loco sono godibili altre sculture e decorativismi, che esprimono il gusto e l’esigenza estetica locale.
Nel nostro territorio, la presenza operativa di Leo Morandini è circostanziata a Varmo, in relazione dell’amicizia personale con Mons. Fabio Donato (Pievano e Vicario Foraneo di Varmo dal 1938 al’61), divenendone una specie di “tecnico di fiducia”.
A lui venne affidata la redazione del nuovo progetto del mai realizzato pronao della chiesa; così pure la modifica dell’altare maggiore e gli eleganti, raffinati stalli del coro, reminiscenti il trittico del Pordenone, impreziositi da losanghe con sbalzi in rame.
Sempre dell’artista è il disegno della chiesetta di Cornazzai, realizzata dagli allievi della Scuola d’Arte e Mestieri di Varmo, forse estrema, suadente esemplificazione del genere.
Morandini ha ottenuto stima, lusinghieri consensi ed altissime benemerenze, tra cui la medaglia d’oro del natio Comune, l’inedita laurea di “Architetto ad honorem” e il diploma di “Accademico delle Belle Arti” in Campidoglio nel 1970.
Dunque un silenzioso protagonista dell’arte friulana del Novecento, fedele interprete dei dettami culturali del periodo, poco conosciuto, immeritatamente ignorato dalla critica.

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Ultimo aggiornamento: 05/11/2025 18:44