10/01/2024
Rivignano Teor, Arte e spettacoli
Il Friuli in mostra nelle opere di Vittoriano Cosatto
di Federico Pittoni
Un sole leonino e ruggente illumina una savana di animali e un uomo viene trascinato da una scimmia verso il crepuscolo; una visione felliniana più che mai all’altezza dei nostri tempi e del nostro Friuli nell’era della transizione ecologica, ambientale, digitale, economica, sociale.
Questo è solo un esempio di quello che il visitatore ha potuto ammirare nell’ambito dell’esposizione allestita dall’Associazione di Rivignano e Teor “Par no dismenteà”, nella meravigliosa cornice dello spazio dedicato alla memoria della vita e della civiltà contadina presso la frasca dell’Ultimo Paradiso a Pocenia. Un’iniziativa meritoria e lodevole finalizzata alla devoluzione delle offerte dei visitatori e degli organizzatori a sostegno della Via di Natale del Cro di Aviano.
Ha esposto l’artista rivignanese Vittoriano Cosatto. Un pittore che usa gli scalpelli al posto dei pennelli componendo mosaici come se stesse sviluppando il rullino di una vecchia macchina fotografica. Guardando le sue opere siamo illuminati dal bagliore lucente del granaio della sua vecchia casa, dove da fanciullo giocava tra cumuli di tutoli e pannocchie di grano turco. Un luogo pieno di luce e di finestre aperte sul mondo. Un mondo tanto immaginato nei giochi del bambino, quanto conosciuto nel lavoro dell’adulto. Vittoriano, come molti friulani, è stato emigrante e rivendica questo suo passato con legittimo orgoglio, a discapito del Friuli odierno che tende a rimuovere dalla sua memoria la sua essenza più promettente. Quella del lavoro, della contaminazione, della semplicità di coloro i quali hanno appreso la lezione della vita con spirito votato alla tolleranza, alla condivisione, ai diritti. Ricorre sovente il tema della vecchia casa, della memoria bella e della continuità possibile, mai ritratta con la staticità dell’omaggio al passato, bensì come dimora stabile degli spiriti profondi che animano ancora i nostri pensieri. Vediamo uccelli della nostra pianura acquitrinosa, intenti a costruirsi il loro nido. Alberi solitari incendiati dalle luci dell'autunno. Un cardellino e un verdone sul girasole, un martin pescatore o una garzetta intenti a strappare un altro pezzo di vita. Oppure l’allocco, maestoso e solenne, pare ci interroghi come fosse un professore di storia. Il tributo a Pier Paolo Pasolini è un capolavoro. Una sapiente composizione di sassi, vetri, pietrame a rappresentare il mare e il corpo del poeta. La sua morte non ha mai avuto rappresentazione più viscerale. Il sangue, il petrolio, la spiaggia di Ostia. Vedere quest’opera è come rileggere i versi del ragazzo di Casarsa: “Veciu frut… mijàrs di òmis a van fra Roma e il Mar… capa cuntra il mal.” (Vecchio Ragazzo… migliaia di uomini vanno verso Roma e il Mare… conchiglia contro il male.) Ed ecco che l’arte postula il suo mistero e ci fa sognare, rabbrividire, gettare nello sconforto e nel fascino commovente di una rivelazione. Più che versi di una poesia leggiamo la profezia di un destino e, allo stesso modo, più che vedere una sorta di mosaico, guardando l’opera che Vittoriano ha dedicato a Pasolini vediamo una fotografia istantanea, come scattata dal primo fotografo giunto sul posto all’alba. E ci sembra di essere li anche noi, in quell’istante, su quella spiaggia, come una conchiglia contro il male… Un importante ritratto è l’omaggio a Vincent van Gogh, il maestro che tanto ha ispirato la poetica di Vittoriano e che tanta sostanza ha fornito alla sua tavolozza di pezzi di roccia, terracotta, marmo, pietrame, vetro, maiolica. E, ancora, bellissimi ritratti di uomini magnifici che hanno ispirato le ragioni ideali dell’artista e della sua generazione; sapienti composizioni di schegge di materia che si stagliano alla nostra vista e ci trafiggono l’anima. Vittoriano contempla unicamente la luce rifiutando l’ombra. In questo si rintraccia una dichiarata volontà, una scelta di campo e di vita. Gli occhi del suo ritratto più intimo ci guardano. Ci provocano ma, in fondo, ci rassicurano, perché ci sentiamo scrutati da uno sguardo ribelle. Ed è per questo che ci piace la sua opera. Ed è così che vogliamo il nostro Friuli. Ribelle!