Economia, Sociale

Se vuoi la pace prepara la pace, “Global Peace index 2023”

di Mario Passon

“Se vuoi la pace, prepara la guerra”: l’abbiamo ascoltato diverse volte questo detto latino “Si vis pacem, para bellum” che in realtà traduce una condensazione di Flavio Vegezio Renato (funzionario imperiale dell’epoca di Teodosio, IV – V secolo d.C.), che scrive “Igitur qui desiderat pacem, praeparet bellum” cioè “Pertanto chi desidera la pace, prepari la guerra”.
Una frase molto opinabile, anzi un detto che non funziona, e che va sostituita con “Se vuoi la pace prepara la pace, costruisci la pace”.
La realtà ci insegna che da guerra nasce guerra e che l’unico modo per avere la pace è operare scelte di pace e realizzare azioni che generano fiducia, speranze e giustizia.
L’Institute for Economics & Peace dà sostanza a questa affermazione con alcuni calcoli economici: nel 2022 abbiamo speso 17mila miliardi di dollari (il 12,9% del PIL mondiale) per spese militari, acquisto di armi e soprattutto per i danni materiali ed umani provocati dalle guerre. Si fa riferimento al progresso economico e sociale che si sarebbe potuto sviluppare se queste risorse fosse state impiegare per fini pacifici.
Questi calcoli sono pubblicati nel Rapporto “Global Peace index 2023” che ha un titolo molto significativo: Misurare la pace in un mondo complesso, cioè quantificare/misurare i benefici della pace.
Quali sono le condizioni per necessarie per la pace? L’Istituto ne individua otto, tutte necessarie: la stabilità governativa, la solidità economica, il riconoscimento dei diritti politici e civili, buone relazioni con gli altri Paesi, libertà di stampa, alti livelli di formazione culturale e scientifica, basso livello di corruzione, equa distribuzione delle risorse.
Sulla base di questi criteri si è “misurato” il grado di pace positiva in cui si trova ogni Paese. Guerra e pace sono due fenomeni estremamente contagiosi. Il Rapporto ci dice che le scelte di pace o di guerra operate in una nazione influenzano gli orientamenti dei Paesi vicini e come esempio di influenza negativa indica l’invasione della Crimea da parte della Russia nel 2014 che provoca l’aumento delle spese militari in tutti i Paesi dell’area: in Ucraina, in Bielorussia, Lituania, Lettonia ed Estonia.
Un esempio virtuoso e la fine dei conflitti in Liberia, Sierra Leone, Costa d’Avorio: Paesi che hanno spostato la spesa verso l’economia ed il sociale; ma ha anche prodotto meno morti.
Nel 2023 il mondo è diventato meno pacifico; il livello medio è complessivamente peggiorato: in particolare è peggiorata in 79 Paesi non solo Russia e Ucraina, ma anche Mali, Burundi, Haiti, Israele, Oman, restano aree difficili la Repubblica Democratica del Congo, il Sud Sudan, la Siria, lo Yemen, l’Afghanistan.
Non è sufficiente essere contro la guerra o desiderare la pace, che non è una parentesi tra due guerre. La pace non è assenza di guerra: ma come dice Papa Francesco è “dialogo tra le generazioni, educazione, come fattore di libertà, responsabilità e sviluppo, lavoro come realizzazione della dignità umana”.


  Indice globale 2023

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Ultimo aggiornamento: 08/10/2024 01:10