22/08/2025
Lettere
La Cina, gli altri e le trattive russo americane
di Graziano Vatri
Dopo gli incontri con Zelensky e i principali leader europei Trump è tornato a parlare a Putin rassicurandolo per un verso e minacciandolo per l’altro verso. Questo è il modo in cui Trump partecipa alla partita di ping pong a tre. In realtà, nella partita, ma a fasi alterne, c’è anche il quarto “incomodo” rappresentato dagli europei. Cosa che consente all’uomo più forte del mondo di tenersi aperte tutte le strade. Quella del mediatore, quella del ritorno alla linea Biden e quella ancora, in cui egli ancora spera, di fare un accordo con Putin che gli farebbe provare a mettere definitivamente nell’angolo gli europei e a creare non pochi problemi alla Cina e ai cosiddetti Brics. La risposta di Putin è stata quella di chiamare, al telefono sia il premier indiano Modi, sia quello brasiliano Lula – i cui paesi sono tra i più eminenti ed importanti tra i Brics- per aggiornarli sull’esito dell’incontro ad Anchorage, in Alaska. I due, Trump e Putin, insomma, stanno conducendo un gioco speculare l’uno a quello dell’altro. Probabilmente a Putin gli riesce meglio perché, a differenza di quanto fatto dall’intemperante Trump con gli alleati europei, non ha mai sparato ad alzo zero contro quelli con cui gli fa comodo mantenere ottimi rapporti. Anche per questo è interessante andare a dare un’occhiata in Cina dove, dopo tanti giorni di discreto silenzio, Pechino ha parlato attraverso il “Global Times”, edito in inglese dal Quotidiano del Popolo -l’organo ufficiale del Partito comunista cinese. Insomma, è in inglese la voce di Xi Jinping. I comunisti cinesi rilevano come la tv americana sostenesse che “il leader statunitense si fosse incontrato con la controparte russa, non con l’obiettivo di risolvere la crisi ucraina, ma piuttosto di ‘ridurre la dipendenza di Mosca da Pechino’. Ma quest’ultima è perentoria e, tramite il “Global Times” ricorda come “Cina e Russia abbiano costruito un solido partenariato strategico basato sulla fiducia politica, sulla cooperazione economica, sull’approvvigionamento energetico, sul coordinamento della sicurezza e sui meccanismi multilaterali. Guardando anche ai fatti concreti, che contano più di mille dichiarazioni, la Cina si sta orientando ad eliminare le restrizioni sulle “terre rare” previste fino ad oggi anche per il nemico di sempre: l’India. “Siamo pronti a collaborare con i paesi e le regioni interessate per continuare a rafforzare il dialogo e la cooperazione sui controlli delle esportazioni e mantenere insieme le catene industriali e di approvvigionamento globali stabili, sicure e protette”, è stata la risposta della portavoce del Ministero delle Finanze di Pechino. Un evidente messaggio diretto pure agli europei, monito ed incoraggiamento al tempo stesso, i quali più volte hanno espresso preoccupazioni sulla politica di restrizioni del commercio di quelle terre rare che stanno al centro del cuore dello sviluppo tecnologico contemporaneo. Insomma, il gioco è complesso e se ne starà accorgendo anche Donald Trump: guerre come quella d’Ucraina non si risolvono con una telefonata a Putin. Forse, neppure vagheggiando l’idea di un caminetto a tre in cui dovrebbero sedere solo lui, Putin e Xi. Visto che la Cina continua a sostenere ufficialmente, e ne ha soprattutto fondati motivi d’ordine commerciale, il concetto del mondo “multipolare” e il superamento di quello diviso e divisivo dalla contrapposizione da Guerra fredda. Allora, dobbiamo ritenere che in Ucraina ed in Medioriente, siano in atto due guerre dal cui esito dipenderà quale sarà un nuovo Ordine mondiale. A proposito del quale, tutti parlano senza, per ora, scoprire le proprie carte.